
Karamoja, appunti da un Altrove africano
26 Giugno 2025Karamoja. Un viaggio fuori dal mondo raccontato da Isidoro Atlas
C’è un punto sulle carte dell’Africa dove le linee smettono di essere sicure, i confini si fanno sfocati, e perfino le strade sembrano domandarti: sei sicuro?
Quel punto si chiama Karamoja, nel nord-est dell'Uganda. Un posto che, a guardarlo da lontano, sembra un’idea sbagliata della geografia.
Un luogo dove i popoli hanno imparato a vivere senza le certezze del tempo lineare — perché qui il tempo non scorre: rimbalza. Come le danze dei Karamojong, come gli echi tra le montagne dei Tepeth.
In questo viaggio si passa dalle savane del Kidepo — teatro segreto di animali che si credono ancora padroni del mondo — fino alle vette dove vivono gli Ik, custodi di una lingua così rara che, se provi a trascriverla, la penna si ferma da sola.
Incontreremo i Dodoth, guardiani del Nord, e visiteremo Nakapelimoru, che non è un nome difficile, ma il più grande villaggio tradizionale di tutta l’Africa orientale — un formicaio circolare di vita, riti, fuochi e leggende.
Ci siederemo accanto ai Karamojong, tra racconti, latte, sudore e polvere, mentre i vecchi insegnano ai giovani come leggere le stelle e riconoscere il vento.
E poi ci sono loro, i Tepeth, che vivono arrampicati sulle montagne, tra rocce che non sono solo rocce, ma altari. Ogni sorgente ha un nome. Ogni ombra, un antenato.
E infine, quando penseremo di aver visto tutto, ci aspetteranno le cascate di Sipi, le pitture rupestri, le canoe dei pescatori Teso, e i sentieri sospesi delle genti Sebei, affacciati sulle nuvole del Monte Elgon.
Ma cos’è la Karamoja, davvero?
È il luogo dove le mappe finiscono, e cominciano i mondi.
Dove non si viaggia per arrivare, ma per capire che certe cose — come il silenzio tra due parole, o il tempo sospeso tra un canto e un tuono — esistono solo qui.
“🌍 “Ci sono viaggi che si fanno per vedere. Altri per capire. Questo è per chi ama perdersi bene, nei luoghi dove le mappe smettono di avere senso. Perché certi viaggi non si raccontano. Si vivono.”
— Isidoro Atlas